Nome astratto di ignorare
Contenuto
Ignorare una persona
Questi brevi suggerimenti indicano una teologia in cammino: una teologia che esce dal collo di bottiglia in cui talvolta è stata rinchiusa e con dinamismo si rivolge a Dio, prendendo l’uomo per mano; una teologia non narcisista, ma finalizzata al servizio della comunità; una teologia che non si accontenta di ripetere i paradigmi del passato, ma che è Parola incarnata. Certo, la Parola di Dio non cambia (cfr. Eb 1,1-2, 13,8), ma la carne che è chiamata ad assumere cambia in ogni epoca. C’è tanto lavoro, dunque, per la teologia e la sua missione oggi: incarnare la Parola di Dio per la Chiesa e per gli uomini del terzo millennio. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di una rivoluzione della tenerezza. Questo ci salverà.
Ignora rae
La Divina Commedia è la storia di una cura. Dante racconta come sia passato da quella selva oscura di passioni disordinate, esplicitamente paragonata alla morte,[1] alla piena salute del desiderio e della volontà, che hanno raggiunto la loro armonia trovando la loro origine,[2] prima attraverso la conoscenza del male nell’Inferno, e poi attraverso un’ascesi del desiderio stesso nella salita al monte del Purgatorio. La Divina Commedia racconta come Dante abbia raggiunto la salute e superato la malattia, cioè come, da schiavo delle proprie passioni disordinate, abbia trovato la libertà. Questo è mostrato nelle parole di Dante mentre si congeda da Beatrice sulla candida rosa dell’Empireo, verso la fine del suo viaggio celeste:
In queste pagine vorrei soffermarmi sullo studio di un peccato che – come vedremo più avanti – ha una particolare rilevanza per il nostro tempo e, di conseguenza, per la nostra vita: l’accidia, uno dei modi della tristezza, che possiamo collegare alla melanconia.
Esempi di ignorare
1 Un’analisi frettolosa degli articoli che Sebastián Salazar Bondy dedica all’arte astratta potrebbe indurre a pensare che l’etichetta di “critico d’arte” gli si addica e che manchi di acutezza nel caso dell’arte moderna. Inoltre, nei suoi articoli sull’arte, il suo desiderio è quello di guidare i suoi lettori, ma non di studiare il problema estetico in profondità; infatti, non troveremo in tali articoli ciò che ci si aspetta realmente da un critico d’arte. Allo stesso modo, non si deve ignorare che l’essenziale è non sbagliare mai, ma mostrare la stessa buona fede di fronte alle opere più diverse. Sarebbe anche dimenticare che la passione di Salazar Bondy per la pittura non si limita alla sfera accademica, perché è un militante intellettuale, in prima linea nel movimento di popolarizzazione della cultura.
Credo che l’arte astratta non solo eviti i problemi spirituali del nostro tempo, ma ignori anche altri problemi più immediati e fondamentali. Voglio un’arte combattiva, un’arte con un significato e uno scopo noto, non un divertimento da salotto per gli eletti o gli iniziati. Voglio un’arte che sia nazionale e universale, non cosmopolita o babelica, in cui si rifletta la mia società e il mio tempo con tutte le sue gioie e le sue credenze e i suoi dubbi. Per questo non credo nella cosiddetta arte astratta, una cospirazione del silenzio, un ornamento per sfere incerte dove la sensualità e l’indifferenza vogliono ignorare che l’esistenza è un’avventura contro l’odio, la distruzione e la morte. (Salazar Bondy 1954m: 6)
Significato di ignorare nella Bibbia
Il punto di partenza di Vazferrer è il riconoscimento di una realtà che è al di là di noi, ma con la quale possiamo entrare in contatto in modi diversi. Abbiamo due grandi strumenti a nostra disposizione per accedere a questa realtà: la logica (per organizzarla e quindi renderla gestibile) e il linguaggio (per renderla solida e quindi condividerla). Grazie a loro (anche se non solo con loro) costruiamo teorie scientifiche e sistemi filosofici, discutiamo, argomentiamo, teniamo conferenze, scriviamo libri, ecc.
In altre parole, costruiamo nuovi strumenti che utilizziamo per cercare di addomesticare la realtà. La giustificazione di questo artificio è, per Vaz Ferreira, pratica: abbiamo bisogno di gestire la realtà per poter operare su di essa, anche se manipolandola la sfiguriamo in qualche misura.
Infatti, perché si formasse la logica come la usiamo o la concepiamo oggi, è stato necessario che l’uomo fosse illogico, nel senso che, non potendo osservare direttamente la realtà, che è continua e sempre diversa da sé, ha dovuto umanizzare quella realtà e adattarla a sé, alle proprie facoltà di percepirla, per percepire o concepire il simile dove c’erano dissimiglianze nella realtà, e percepire o concepire il discontinuo dove la realtà era continua.3