Quante sono le bolge dantesche
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I 3 più grandi traditori della storia di Dante
Dal XX secolo, nuove ricerche hanno rivelato diverse crepe nella corazza dell’eroe, se non il furioso egoismo che lo spinse ad abbandonare il suo regno e la sua famiglia. Questo nuovo angolo di visione ironica avvicina il poema a certi episodi meno gloriosi dell’epica omerica, per esempio il passaggio improvvisato – e le sue conseguenze – sulla riva dei mangiatori di loto, a cui Tennyson aveva dedicato un poema nel 1832.
Spesso citato, Ulisse è anche usato per illustrare la forma poetica del monologo drammatico, un genere molto popolare nel XIX secolo e coltivato con grande gusto da Tennyson – con i mangiatori di loto, Tithonus o Tiresias posseduti come un giovane poeta Ulisse.
Pittura dell’Inferno di Dante
VV37-39: Terza di transizione. Si lega il colloquio che si è svolto con il percorso lungo il frangiflutti e l’arrivo al luogo (che non è altro che il ciglio con cui si interseca la fine del rispettivo tratto di frangiflutti) da cui il prossimo fossato si rivela in tutta la sua profondità. Spicca l’uso dell’en mostra presente da combinare con il fosse di V39, un modo di rendere questo arrivo sensibile e attuale. La mancanza di luce, da parte sua, comporterà una maggiore intensità delle prime impressioni di Dante, prevalentemente uditive, di questo nuovo scenario.
VV67-69: Sono, come vedremo, gli alchimisti, rognosi, lebbrosi e semiparalizzati, sdraiati l’uno sull’altro, pancia a pancia o appoggiati l’uno all’altro, uno dietro l’altro, strisciando per terra, insomma un’accozzaglia. Il guazzabuglio del guazzabuglio che formano è disegnato nella terzina dalla triplicazione dei qual, dall’incombenza di una sola giacea per molti di loro, e dalla stranezza della trasmutava di V69 (un altro latinismo), un muoversi con difficoltà da una parte all’altra.
Mappa di Dante’s Inferno
“È per me che vai nella città del pianto, è per me che vai nel dolore eterno e nel luogo dove soffre la razza dannata, sono stato creato dalla potenza divina, dalla saggezza suprema e dal primo amore, e non c’era nulla che esistesse prima di me, abbandona la speranza se entri qui’_”.
Prima di entrare completamente nell’Inferno, Dante e la sua guida vedono coloro che non si sono mai compromessi, le anime di coloro che non hanno mai fatto nulla di buono o cattivo (tra questi, Dante riconosce Celestino V, un papa che ha rinunciato al suo ufficio). Con loro ci sono gli esuli che non hanno preso parte alla ribellione degli angeli. Queste anime non sono né all’inferno né fuori, ma risiedono sulle rive dell’Acheronte. La loro punizione è quella di inseguire eternamente una bandiera bianca mentre vengono attaccati da api e vespe che li pungono continuamente mentre vermi e altri insetti succhiano il loro sangue e le loro lacrime. Questa punizione è dovuta al fatto che nella vita non sono stati capaci di sostenere alcuna causa; ora devono correre dietro a un vessillo vuoto e non per auto-motivazione, ma per evitare le punture delle api. Come il Purgatorio e il Paradiso, l’Inferno ha una struttura di 9+1=10, poiché ha un “vestibolo” di natura diversa dagli altri nove cerchi che lo compongono, dai quali è separato dall’Acheronte.
Canto 18 della Divina Commedia
L’Inferno (in italiano: [iɱˈfɛrno] ; in italiano “Inferno”) è la prima parte del poema epico del XIV secolo dello scrittore italiano Dante Alighieri, la Divina Commedia. È seguito dal Purgatorio e dal Paradiso. L’Inferno descrive il viaggio di Dante attraverso l’Inferno, guidato dall’antico poeta romano Virgilio. Nel poema, l’Inferno è rappresentato come nove cerchi concentrici di tormento situati all’interno della Terra; è il “regno … di coloro che hanno rifiutato i valori spirituali cedendo agli appetiti bestiali o alla violenza, o pervertendo il loro intelletto umano alla frode o alla malizia contro i loro simili”. [1]
La sera del Venerdì Santo, Dante esita a seguire Virgilio; Virgilio spiega che è stato mandato da Beatrice, simbolo del Divino Amore. Beatrice era stata sollecitata ad aiutare Dante dalla Vergine Maria (simbolo della compassione) e da Santa Lucia (simbolo della Grazia illuminante). Rachele, simbolo della vita contemplativa, appare anche nella scena celeste narrata da Virgilio. I due iniziano quindi il loro viaggio verso gli inferi.