Storica battaglia navale tra pisani e genovesi
Mercenari genovesi
– La pressione musulmana sulle coste del Mediterraneo nord-occidentale. Durante la prima metà dell’XI secolo, la Taifa di Denia, che controllava le isole Baleari, compì una serie di incursioni contro la Provenza e la Liguria che costrinsero gli abitanti di queste zone costiere a organizzare autonomamente la loro difesa. Nella seconda metà, superato il pericolo musulmano, Genova si alleò con Pisa per controllare la Corsica ed estendere il suo dominio marittimo nel Mediterraneo occidentale.
– Crisi dell’impero germanico. Nella seconda metà dello stesso secolo, il confronto tra l’Impero e il Papato aumentò fino a quando Enrico IV e Gregorio VII portarono alla Disputa delle Investiture. Questo favorì l’autonomia delle città più lontane dal conflitto, come Genova e Venezia, che non mettevano in discussione un’autorità imperiale solo teorica e non temevano l’intervento diretto del Papa.
Il confronto con Venezia, tuttavia, fu molto più lungo e costoso. Nel 1204, durante la quarta crociata, i veneziani riuscirono a far conquistare Costantinopoli all’esercito cristiano, cedendo i diritti commerciali del nuovo stato alla Serenissima. A sua volta, Genova diede il suo sostegno al pretendente bizantino al trono dell’Impero, Michele VIII Paleologo. La restaurazione bizantina di Costantinopoli a partire dal 1261 diede a Genova il controllo di importanti enclavi nell’Egeo e nell’Asia Minore come Chios e Smirne, aprì le porte del Mar Nero e permise persino l’istituzione di posti commerciali in Crimea come Caffa, l’attuale Feodosia.
Nato a Pisa, Italia
Iniziata a Lione nel novembre 1305 (Raimondo Lullo si trovava in quella città per l’incoronazione di Clemente V, che ebbe luogo il 14 novembre), fu terminata a Pisa nel marzo 1308. L’edizione critica di quest’opera apparirà a breve in ROL XIV. Citiamo qui l’edizione di Palma di Maiorca 1645 (repr. photomec. Frankfurt 1970).
Finito nell’aprile 1308. Pubblicato in MOG (= Raymundus Lullus, Opera tom. I-VI, IX-X [Moguntiae 1721-1742; repr. Frankfurt 1965]) IV 431-77 (= Int. VII 1-47). Da A. R. Pasqual, Vindiciae Lulianae (4 tom.; Avignon 1778), e l’edizione mogoliana di I. Salzinger, Hamar(i) saraceni è scritto al posto di Homeri saraceni. I manoscritti, le edizioni e i cataloghi precedenti sono unanimi nella lettura Homeri che usiamo qui ed è quella proposta nella prossima edizione ROL. Sulle possibili equivalenze di questo nome in arabo, vedere
Le linee commerciali che lasciavano l’Italia (Genova, Venezia, Pisa) per l’Atlantico facevano scalo nel porto di Maiorca, dove avevano il loro console, il loro mercato del pesce e i loro depositi di merci, cfr. Sevillano Colom, F. e Pou Muntaner, J., Historia del puerto de Palma de Mallorca (Palma de Mallorca
Significato genovese
Tra il 1073 e il 1077, Amalfi cadde nelle mani dei Normanni, che tolsero ogni autonomia alla città. Imponevano tasse e dazi doganali così alti sulle merci che entravano e uscivano dai porti che il commercio diventava poco redditizio. Nel XII secolo Amalfi fu saccheggiata dai pisani, che erano stanchi di venire in suo aiuto per liberarla dai normanni.
Pisa partecipò attivamente alla lotta contro i pirati saraceni. La rivalità con Genova per il controllo delle rotte del Mediterraneo, tuttavia, portò a una guerra in cui la città toscana fu sconfitta.
Infatti, il 6 agosto 1284, dopo lunghi conflitti, i genovesi sconfissero finalmente i pisani in una sanguinosa battaglia navale (la battaglia della Meloria), costringendoli a rinunciare a tutte le loro rotte mediterranee e obbligandoli a diventare una “città di terra”.
Genova raggiunse il suo apice tra il XIII e il XIV secolo. Le grandi famiglie di Genova accumularono immense ricchezze a tal punto che divennero per lungo tempo banchieri dei Sacri Romani Imperatori e dominarono, attraverso i loro prestiti, tutta la politica europea. Più tardi cominciò a indebolirsi a causa delle continue lotte intestine e alla fine dovette soccombere alla potenza di Venezia.
Dove metti i piedi
Forse, se omettiamo la battaglia di Kurks nella seconda guerra mondiale o la carneficina che Annibale inflisse a Roma a Cannes, Lepanto era stato il confronto più sanguinoso nella storia dell’umanità fino ad allora, e ancora di più come confronto navale. Alla fine di quella tremenda giornata (la più alta occasione che i secoli avessero visto, Cervantes dixit), quarantamila corpi senz’anima erano stati uccisi in una battaglia durata meno di dodici ore. L’orrore aveva lavorato a pieno regime.
La situazione era insostenibile e il flusso di merci attraverso il Mediterraneo fu fatto crollare da questo tumulto di turbanti scatenati. Per di più, per peggiorare le cose, andavano in giro per gli ex possedimenti dell’Impero Romano d’Oriente come Pietro in casa sua. Avevano devastato l’Europa dell’Est e avevano persino bussato ai battenti delle porte di Vienna, con la complicità dei francesi storti e lo stupore del resto dei regni continentali.
Giovanni d’Austria, la figura emblematica che avrebbe guidato le forze europee, potrebbe essere uno dei cittadini in uniforme chiamati a occupare il gradino più alto dell’Olimpo militare. Il fratellastro di Filippo II sembrava essere stato fatto nello stesso stampo di Alessandro il Grande o di Annibale. La sua avventatezza era l’inverso della prudenza che caratterizzava suo fratello. Con un portamento principesco e una mascella affilata, il suo pronunciato prognatismo gli dava un’indole aristocratica che avrebbe sedotto chiunque in un batter d’occhio. Ma oltre a padroneggiare l’arte militare nel suo senso più ampio, aveva un’immaginazione portentosa. Era un professionista militare eccezionalmente dotato.